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Chiacchierando in classe qualche alunno aveva manifestato il desiderio di essere invisibile... Ho chiesto le motivazioni, ognuno ha espresso il proprio pensiero ...

  Ecco perchè i bambini volevano essere invisibili...

- per fare scherzi a mio fratello (Fatima)
-così mia mamma non mi sgrida (Giulia)
- mio cugino non può darmi le sberle (Alessia)
- così mio fratello non mi dà più le botte (Arianna)
- per passare attraverso i muri e andare in giardino (Sara - Riccardo)
- per andare a rilassarmi sul mio letto (Salvatore)
- per fare scherzi -far inciampare qualcuno, schizzare l'acqua- o giocare al pc (Matteo - Filippo - Gioele - Angelica - Wasim)
- per fare scherzi al gatto (Nicole) ...a mio fratello (Sofia)
- per andare dove voglio (Lisa)
- per fare quello che voglio (Valerio)
- perchè così io e mio fratello non ci picchiamo (Samuele)
- per andare in gelateria (Layba)
- così la maestra e mio papà non mi sgridano (Federico)

Nessuno ha pensato ad un risvolto negativo. Dopo la lettura della storia molti di loro ci hanno ripensato...

 

 

Ecco la storia...

 

 

Gianni Rodari
TONINO L’INVISIBILE

Una volta un ragazzo di nome Tonino andò a scuola che non sapeva la lezione ed era molto preoccupato al pensiero che il maestro lo interrogasse.

«Ah, – diceva tra sé, – se potessi diventare invisibile...»

Il maestro fece l'appello, e quando arrivò al nome di Tonino, il ragazzo rispose: – Presente! – ma nessuno lo sentì, e il maestro disse: – Peccato che Tonino non sia venuto, avevo giusto pensato di interrogarlo. Se è ammalato, speriamo che non sia niente di grave.

Così Tonino comprese di essere diventato invisibile, come aveva desiderato. Per la gioia spiccò un salto dal suo banco e andò a finire nel cestino della carta straccia. Si rialzò e si aggirò qua e là per la classe, tirando i capelli a questo e a quello e rovesciando i calamai. Nascevano rumorose proteste, litigi a non finire. Gli scolari si accusavano l'un l'altro di quei dispetti, e non potevano sospettare che la colpa era invece di Tonino l'invisibile.

Quando si fu stancato di quel gioco Tonino uscì dalla scuola e salì su un filobus, naturalmente senza pagare il biglietto, perché il fattorino non poteva vederlo. Trovò un posto libero e si accomodò. Alla fermata successiva salì una signora con la borsa della spesa e fece per sedersi proprio in quel sedile, che ai suoi occhi era libero.

Invece sedette sulle ginocchia di Tonino, che si sentì soffocare. La signora gridò: – Che tranello è questo? Non ci si può più nemmeno sedere? Guardate, faccio per posare la borsa e rimane sospesa per aria.

La borsa in realtà era posata sulle ginocchia di Tonino. Nacque una gran discussione, e quasi tutti i passeggeri pronunciarono parole di fuoco contro l'azienda tranviaria.

Tonino scese in centro, si infilò in una pasticceria e cominciò a servirsi a volontà, pescando a due mani tra maritozzi, bignè al cioccolato e paste d'ogni genere. La commessa, che vedeva sparire le paste dal banco, diede la colpa a un dignitoso signore che stava comprando delle caramelle col buco per una vecchia zia. Il signore protestò: – Io un ladro? Lei non sa con chi parla. Lei non sa chi era mio padre. Lei non sa chi era mio nonno!

– Non voglio nemmeno saperlo, – rispose la commessa.

– Come, si permette di insultare mio nonno!

Fu una lite spaventosa. Corsero le guardie. Tonino l'invisibile scivolò tra le gambe del tenente e si avviò verso la scuola, per assistere all'uscita dei suoi compagni. Difatti li vide uscire, anzi, rotolare giù a valanga dai gradini della scuola, ma essi non lo videro affatto. Tonino si affannava invano a rincorrere questo e quello, a tirare i capelli al suo amico Roberto, a offrire un leccalecca al suo amico Guiscardo. Non lo vedevano, non gli davano retta per nulla, i loro sguardi lo trapassavano come se fosse stato di vetro.

Stanco e un po' scoraggiato Tonino rincasò. Sua madre era al balcone ad aspettarlo. – Sono qui, mamma! – gridò Tonino. Ma essa non lo vide e non lo udì, e continuava a scrutare ansiosamente la strada alle sue spalle.

– Eccomi, papà, – esclamò Tonino, quando fu in casa, sedendosi a tavola al suo solito posto. Ma il babbo mormorava, inquieto: – Chissà perché Tonino tarda tanto. Non gli sarà mica successa qualche disgrazia?

– Ma sono qui, sono qui! Mamma, papà! – gridava Tonino. Ma essi non udivano la sua voce.

Tonino ormai piangeva, ma a che servono le lacrime, se nessuno può vederle?

– Non voglio più essere invisibile, – si lamentava Tonino, col cuore in pezzi. – Voglio che mio padre mi veda, che mia madre mi sgridi, che il maestro mi interroghi! Voglio giocare con i miei amici! È brutto essere invisibili, è brutto star soli.

Uscì sulle scale e scese lentamente in cortile.

– Perché piangi? – gli domandò un vecchietto, seduto a prendere il sole su una panchina.

– Ma lei mi vede? – domandò Tonino, pieno d'ansia. – Ti vedo Sì. Ti vedo tutti i giorni andare e tornare da scuola.

– Ma io non l'ho mai visto, lei.

– Eh, lo so. Di me non si accorge nessuno. Un vecchio pensionato, tutto solo, perché mai i ragazzi dovrebbero guardarlo? Io per voi sono proprio come l'uomo invisibile.

– Tonino! – gridò in quel momento la mamma dal balcone.

– Mamma, mi vedi?

– Ah, non dovrei vederti, magari. Vieni, vieni su e sentirai il babbo.

– Vengo subito, mamma, – gridò Tonino pieno di gioia.

– Non ti fanno paura gli sculaccioni? – rise il vecchietto.

Tonino gli volò al collo e gli diede un bacio. – Lei mi ha salvato, – disse.

– Eh, che esagerazione, – disse il vecchietto.

 

(Gianni Rodari, Favole al telefono)

 

 

 

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